Nel cuore della Valle d’Itria, in una zona collinare della Puglia che profuma di pietra bianca e tradizione, sorge Alberobello, uno dei borghi più iconici e fotografati d’Italia. La sua fama internazionale è legata agli straordinari trulli, costruzioni a forma di cono realizzate senza l’uso di malta, uniche al mondo per struttura, significato e storia.
Ma la storia di Alberobello non si esaurisce nella bellezza dei suoi tetti. Al contrario, si tratta di un racconto complesso e affascinante, fatto di imposizioni feudali, astuzie contadine, riscatto sociale e identità culturale. Un percorso che porta il piccolo insediamento rurale di un tempo a diventare, nel 1996, un Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
In questa guida scopriremo l’origine dei trulli, le vicende che hanno segnato la nascita del borgo, le tappe fondamentali della sua evoluzione e il significato profondo che Alberobello custodisce ancora oggi nel suo impianto urbano e nella memoria collettiva.
Le origini di Alberobello: tra leggenda e verità storica
La storia di Alberobello ha radici antichissime, intrecciate tra documenti ufficiali e racconti tramandati oralmente. Le prime tracce certe risalgono al XIV secolo, quando l’area era una selva disabitata, conosciuta con il nome di Silva Arboris Belli — un toponimo che, secondo alcuni studiosi, significherebbe “bosco dell’albero della guerra”, mentre altri lo interpretano come “luogo fertile e rigoglioso”.
Furono i conti di Conversano, feudatari del Regno di Napoli, a incentivare l’insediamento nella zona. Ma, per evitare di pagare le tasse al re sui nuovi edifici costruiti, ordinarono ai contadini di utilizzare solo pietra a secco: in questo modo, le abitazioni potevano essere facilmente demolite in caso di ispezione reale. Nacquero così i primi trulli, costruiti con tecnica preistorica ma finalità fiscale.
Questa particolare architettura, priva di malta, ma dotata di stabilità e isolamento termico, non era solo una forma di resistenza: divenne presto uno stile identitario, capace di resistere ai secoli e alle intemperie.
Il nucleo urbano di Alberobello iniziò a prendere forma nel XVII secolo, ma fu solo nel 1797 che accadde la svolta: i suoi abitanti ottennero l’affrancamento dal feudalesimo per decreto di re Ferdinando IV di Borbone. Nasceva così ufficialmente la libera città di Alberobello.
Il contesto feudale e l’insediamento dei contadini
Durante il XVI secolo, l’area di Alberobello faceva parte della Selva d’Alberobello, una vasta zona boschiva del feudo dei Conti d’Acquaviva di Conversano. Fu Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona a iniziarne la bonifica, portando qui circa 40 famiglie di contadini dal vicino feudo di Noci. L’obiettivo era estendere le capacità agricole e sfruttare terreni altrimenti disabitati.
Questi coloni, pur essendo autorizzati a vivere in zona, dovevano comunque corrispondere una decima, generando una condizione di semi-indipendenza.
Mentre la presenza umana si intensificava, promanava dal potere feudale un controllo stretto: per questo vennero imposti limiti legali alla costruzione di case permanenti, a meno che non fossero realizzate “a secco”. Il feudo, con i suoi vincoli, rimase distintivamente comportamentale, impedendo lo sviluppo urbano gravi, pur incentivando l’abitabilità rurale.
Da simple insediamenti temporanei, i contadini cominciarono a creare una comunità stabile. Sorsero così le prime modeste abitazioni – di fatto trulli prototipo, casupole che emergevano tra il bosco, nate per esigenze pratiche e di legislazione. È questo il vera contesto feudale: popolazione rurale assoggettata, terreni da sfruttare, e una crescita urbanistica sotto costrizione, non spontanea, che pone le fondamenta dell’Alberobello moderno.
L’obbligo di costruire senza malta: la nascita dei trulli
Nel XVII secolo, per aggirare un tributo imposto dal Regno di Napoli, la Prammatica de Baronibus, Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona, noto come “il Guercio”, decretò che le costruzioni nel feudo fossero realizzate senza malta, cioè con pietre a secco. Questo escamotage permetteva la demolizione istantanea delle case in caso di ispezioni reali, evitando così di pagarne le tasse.
La costruzione a secco divenne uno stratagemma architettonico e burocratico: i trulli furono scelti per la loro semplicità costruttiva e la stabilità offerta dalla pietra calcarea locale. Il tetto conico e le mura spesse erano soluzioni naturali, ma in questo caso anche politicamente motivate, poiché potevano essere smantellate rapidamente, rimuovendo il pinnacolo, e poi riedificate, se necessario, per eludere il fisco .
Col passare degli anni, quelle strutture di origine pragmatica si evolsero in vere e proprie abitazioni permanenti. Da semplici ricoveri temporanei, i trulli divennero complessi ambienti abitativi, arricchiti di simbolismi, pinnacoli decorativi e iscrizioni rituali, patrimonio ingenuo di un popolo che tradusse necessità in arte popolare.
Questa genes, tecnica, economica e legale, ha dato vita ai trulli di Alberobello, un’architettura unica al mondo, patrimonio UNESCO, nata non da intenti estetici, ma dall’esigenza di resistere a imposizioni fiscali pur conquistando dignità abitativa e identità comunitaria.
L’evoluzione urbanistica e sociale del borgo
L’evoluzione di Alberobello da insediamento rurale a borgo strutturato è il risultato di un lento ma inesorabile processo di trasformazione urbanistica e sociale che attraversa i secoli XVII e XVIII.
Inizialmente formato da piccoli nuclei familiari, il villaggio cominciò a espandersi attorno ai due rioni principali: Monti, disposto lungo i crinali, e Aia Piccola, più riparato e agricolo.
La crescita fu spontanea ma regolata da logiche comunitarie e funzionali.
Le famiglie costruivano trulli in prossimità l’una dell’altra per condividere spazi comuni e difendersi dalle difficoltà del vivere isolato. Le strade non seguivano una pianificazione formale, ma si adattavano all’orografia del terreno e alla necessità di raggiungere orti, pozzi o mulini.
Parallelamente, si sviluppava anche la vita sociale: la nascita di piccole botteghe, luoghi di culto e spazi pubblici contribuì a creare una rete comunitaria forte e solidale, fondamentale in un contesto ancora soggetto al controllo feudale. Nonostante le limitazioni imposte dai conti Acquaviva, la popolazione cresceva e con essa il bisogno di servizi e strutture collettive.
Fu solo nel 1797, con la concessione del titolo di “città regia” da parte del re Ferdinando IV di Borbone, che Alberobello ottenne la propria autonomia amministrativa, liberandosi definitivamente dal giogo feudale. Questo passaggio sancì ufficialmente l’esistenza di un borgo ormai maturo, con un’identità architettonica, sociale e politica ben definita.
Alberobello oggi: simbolo culturale e sito UNESCO
Alberobello non è più solo un suggestivo borgo rurale, ma un vero e proprio simbolo identitario della Puglia e del patrimonio culturale italiano. Con il passare del tempo, la città è riuscita a trasformare la sua unicità architettonica in una risorsa culturale, turistica ed economica, mantenendo salde le sue radici storiche.
Oggi, passeggiare tra le sue vie significa immergersi in un paesaggio che racconta una storia millenaria fatta di fatica contadina, ingegno costruttivo e resilienza. I trulli, con le loro forme armoniche e i tetti conici, rappresentano uno degli esempi più emblematici di architettura spontanea mediterranea. Ma Alberobello non è solo pietra e calce: è anche artigianato locale, tradizioni culinarie, eventi folkloristici e spirito comunitario.
La città è diventata un polo di attrazione per visitatori provenienti da tutto il mondo, studenti di architettura, storici, appassionati di fotografia e turisti curiosi di scoprire un’Italia autentica, lontana dai circuiti del turismo di massa.
Questa valorizzazione ha spinto l’amministrazione locale a promuovere politiche di tutela e promozione, investendo nel restauro conservativo, nella creazione di musei diffusi e in percorsi culturali che rendono l’esperienza ad Alberobello sempre più accessibile e immersiva.
Il riconoscimento come patrimonio dell’umanità nel 1996
Il 1996 rappresenta un anno spartiacque per la storia recente di Alberobello. In quell’anno, l’UNESCO ha inserito i trulli della città nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, riconoscendone il valore universale eccezionale.
Il dossier di candidatura, sostenuto da studi storici e architettonici, evidenziava come i trulli costituissero un esempio straordinario di architettura vernacolare, sviluppatasi in un contesto sociale e ambientale specifico, con caratteristiche uniche al mondo.
La decisione dell’UNESCO ha sancito l’importanza di tutelare non solo l’aspetto estetico e costruttivo di queste strutture, ma anche il tessuto urbano, l’organizzazione del borgo e il legame tra uomo e paesaggio. In altre parole, il riconoscimento ha premiato l’autenticità culturale di Alberobello, conferendole una visibilità internazionale.
Da quel momento, la città ha assunto un nuovo ruolo sul palcoscenico globale, diventando un modello di gestione sostenibile del patrimonio e attirando l’interesse di istituzioni culturali, studiosi e turisti da ogni parte del mondo.
La targa UNESCO non è soltanto un simbolo da esibire, ma un impegno continuo verso la conservazione attiva e il rispetto di un’eredità che appartiene all’intera umanità.